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LA 25MA ORA
(25TH HOUR)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 aprile 2003
 
di Spike Lee, con Edward Norton, Philip Seymour, Barry Pepper, Rosario Dawson, Anna Paquin, Bryan Cox (Stati Uniti, 2002)
 
Uno dei film più insoliti di Spike Lee, fra i più belli ed impegnati che abbia fatto, ci dice la storia delle ultime ventiquattro ore di libertà di uno spacciatore che deve andarsene in prigione per sette anni. Prima ancora, però, questo ritratto dolce-amaro delle amicizie e della solitudine, illusioni e tradimenti, affetti e affari di un duro dal cuore tenero, di un anti-eroe dell'epoca consumata dai consumi è uno dei film più acuti che siano stati girati su New York.

Certo, quella di LA 25a ORA è una New York particolare ( Lee ci aveva già provato con lo strampalato ma interessante SUMMER OF SAM): che fin dalle prime immagini della "skyline" ricomposta ad arte, con i grattacieli striati dalle sciabolate dei riflettori azzurri, il regista di FAI LA COSA GIUSTA spedisce nel mondo dei sogni, ovviamente provvisori ed improbabili. LA 25° ORA è, per molti aspetti, il primo film che ci restituisce il riflesso intimo della New York del dopo - Twin Towers; ad immagine del cantiere notturno traslucide di Ground Zero che compare sotto la finestra di uno dei protagonisti. Apparizione drammatica, sorprendente e fantastica come lo è stato quell'evento.

La New York patinata o nebbiosa dei ponti in cinemascope (splendida la fotografia di Rodrigo Prieto, che si sposa a meraviglia con le atmosfere musicali di Terence Blanchard), delle passeggiate col cane tra i joggers sulle rive dell'Hudson è quella celebrata dagli scorci del Woody Allen di MANHATTAN. Ma stinge in continuità nella metropoli disillusa, e quanto più reale, dei marciapiedi che scottano, dei bar, delle discoteche anche lustre, ma di deriva. Un rapporto di amore-odio che sfocia in una straordinaria carrellata rap che non risparmia, in infilata, italiani ed irlandesi, portoricani e messicani, ebrei, coreani e, come no, pure i neri. Ma con un "fuck you" finale rivolto a sé stesso riflesso nello specchio, che la dice tutta: visto che si tratta dell'esistenza apparentemente dorata del bravissimo Edward Norton, loft design in pieno Village e completi griffati neri, doverosa decappottabile gialla Anni Cinquanta e gadget d'avanguardia.

Ma non per questo, come si potrebbe credere, privo di cervello. Il nostro ne avrà fatte di cotte e di crude, come gli ricorda quel giro di personaggi significativi che gli sta attorno; dalla lustrissima portoricana Naturelle (Rosario Dawson) che gli è vicina e non soltanto per lo shopping di spettacolari mise in lamé, all'isterico amico broker rigorosamente incravattato che si ricicla moraleggiando; all'imbranato professore in carenza sessuale (lo straordinario Philip Seymour di MAGNOLIA e THE BIG LEBOWSKI), insidiato dall'assatanata studentessa in vista degli esami (Anna Paquin.) Ma il suo è uno sguardo lucido e melanconico sul rovescio di quella medaglia più o meno lustra che lascia ai posteri andandosene dietro le sbarre; tutta una fauna, mafiosi e trafficanti, amici smaniosi e compari traditori che tra il serio ed il faceto ha composto un affresco - magari un po' traballante secondo le abitudini del nostro - di disincantata, agghiacciante preveggenza.


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