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Un ragazzo ed un falchetto. Un campo recintato, ai bordi del bosco. E sullo sfondo, le ciminiere delle fabbriche. Lo Yorkshire, i minatori, i balli del sabato sera. La scuola, la famiglia. E' il film che precede FAMILY LIFE; ed i temi di uno dei rari nuovi autori inglesi degli ultimi dieci anni sono tutti li. La madre, la famiglia, la scuola, la società.

Ed un ragazzino tormentato, una delle più belle figure che il cinema ci abbi dato del più difficile personaggio cinematografico, il bambino. KES è quel momento delicato, esaltante, ingrato che segna il passaggio dall'età adolescenziale a quella adulta. Le prime immagini del film sono quelle del presente: la famiglia, il fratello da svestire quando torna sbronzo al sabato sera, i compagni di scuola già inseriti in un mondo aggressivo, ottuso. E la scuola, immagine della società, legata ai principi, alla forma, alla repressione, all'abuso del potere, ai valori falsi. La fine del film è il futuro: l'età adulta, la fine della scuola, l'orientamento professionale. La prospettiva di un avvenire cupo, chiuso ed ostile.

Di questa immutabilità di una situazione sociale ed esistenziale è proprio il ragazzino, e lui solo, ad esserne cosciente. La lucida e cosciente rassegnazione che lo conduce di fronte al funzionario dell'orientamento professionale è come il mutismo schizofrenico nel quale si rinchiude la protagonista di FAMILY LIFE;. Non è certamente un difetto "caratteriale", come direbbero i maestri di KES, o gli psichiatri di FAMILY LIFE;. E' il solo mezzo di difesa di un individuo sensibile, che ha visto distrutto il proprio equilibrio dalle strutture della famiglia, dell'educazione, della società. Il film è un piccolo e vibrante capolavoro perché Loach a detto tutto queste cose con la freschezza, la grazia e la verità di un lirismo commovente. Il suo cinema, fatto di una ricerca scrupolosa di realismo, attraverso un uso continuato ma sapiente delle focali lunghe, che colgono gli individui nelle loro reazioni più intime, va diritto al bersaglio, perché dice delle cose crudeli e importanti con il linguaggio di tutti i giorni. Mostrandoci le stesse persone, le medesime azioni che noi abbiamo sotto gli occhi quotidianamente.

KES è infine cinema allo stato puro: sapienza di inserire una vicenda in un ambiente significante. Piacere di filmare un ragazzino che corre nei boschi alle prime luci del mattino; di esprimere delle sensazioni intime e delicate dietro al volo di un falchetto ammaestrato che, nell'illusione di un attimo, si è spiegato in sopra il fumo delle fabbriche.

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A boy and a falcon. A fenced field at the edge of the forest. And in the background, factory chimneys. Yorkshire, miners, Saturday night dances. The school, the family. It is the film that precedes FAMILY LIFE; and the themes of one of the rare new British filmmakers of the last ten years are all there. The mother, the family, the school, society.

And a tormented little boy, one of the most beautiful figures cinema has given us of the most difficult cinematic character, the child. KES is that delicate, exhilarating, thankless moment that marks the transition from adolescence to adulthood. The first images of the film are those of the present: the family, the brother to be undressed when he comes back drunk on a Saturday night, the schoolmates already embedded in an aggressive, obtuse world. And the school, the image of society, tied to principles, form, repression, abuse of power, false values. The end of the film is the future: adulthood, the end of school, professional orientation. The prospect of a bleak, closed and hostile future.

Of this immutability of a social and existential situation it is the young boy, and he alone, who is aware of it. The lucid and conscious resignation that leads him in front of the career guidance officer is like the schizophrenic mutism in which the protagonist of FAMILY LIFE locks herself up;. It is certainly not a 'character' defect, as the masters of KES, or the psychiatrists of FAMILY LIFE would say;. It is the only means of defence for a sensitive individual, who has seen his equilibrium destroyed by the structures of family, education, society. The film is a small, vibrant masterpiece because Loach has said all these things with the freshness, grace and truth of a moving lyricism. His cinema, made up of a scrupulous search for realism, through a continuous but skilful use of long focal lengths, capturing individuals in their most intimate reactions, goes straight to the target, because it says cruel and important things in everyday language. It shows us the same people, the same actions that we have before our eyes on a daily basis.

Finally, KES is cinema in its purest state: the wisdom of setting a story in a meaningful environment. The pleasure of filming a young boy running through the woods at first light in the morning; of expressing intimate and delicate feelings behind the flight of a trained falcon that, in the illusion of a moment, unfurled above the smoke of factories.

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