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KANSAS CITY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 maggio 1996
 
di Robert Altman, con Jennifer Jason Leigh, Miranda Richardson, Harry Belafonte (Stati Uniti, 1996)
 
Kansas City è la città dove Robert Altman è nato: ed è andato a girarvi per la prima volta un film. Ambientato in un momento mitico del jazz che vedeva nascere Count Basie (su una continua jam-session - che non mancherà di deliziare gli appassionati - si costruisce il contrappunto dell'azione: due grandi contemporanei come Joshua Redman e James Carter incarnano, ad esempio, Lester Young e Coleman Hawkins...), ma pure sul gangsterismo dei bianchi che diventava anche quello dei neri, come sulle frodi che contraddistinguevano quel week-end elettorale del 1934 che occupa lo spazio del film.

KANSAS CITY è quindi la rivisitazione di un'epoca e di un genere cinematografico, il film d'epoca, il film di gangster: in questo senso alla maniera dei suoi capolavori degli anni d'oro. Ma se quelli sono rimasti nei libri di cinema perché ricreavano un genere per compiere un'analisi storica e sociale delle ragioni che avevano rese grande (e talvolta fragile) l'America, questo è ormai qualcosa di diverso. Un film praticamente perfetto nella sua organizzazione, ma più distaccato, più freddo nel suo coinvolgimento.

Il regista se ne è forse reso conto: e nella sua ricreazione d'epoca magistrale fino all'accademismo (le macchine d'epoca che transitano al momento giusto, nella stradina che chiude l'orizzonte) ha introdotto una storia bella ed utile, destinata a vivificare il tutto. Quella di un bianco povero che rapina uno dei pochi neri di lusso in circolazione: mettendosi cosi in seri guai con la mafia locale di colore. E quella di una moglie che smania di assomigliare a Jean Harlow (una Jennifer Jason- Leigh forse troppo esagitata) che per ottenere la liberazione del balordo in questione non trova di meglio che sequestrare la moglie -fragile e drogata - di un potente uomo politico. Sarà allora proprio questo insolito legame fra le due donne (e Miranda Richardson è assai più trattenuta ed efficace della collega) ad imprimere un'emozione al film, abbordando il tema della condizione femminile: di una solidarietà, a dispetto di differenza, che s'insinua delicatamente nei confronti della violenza e, più ancora dell'indifferenza.


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