Ma film nobilitato da una superba visione registica. Con il regista sovietico che perpetua una delle leggende più sacre di Hollywood: quella dell'immigrato europeo che, una volta sbarcato nella terra delle promesse cinematografiche, diventa più fordiano di Ford. Dalla prima immagine (Jill Clayburgh che nel suo loft alla moda di New York scopre la droga della figlia), alla seconda (le due donne che, a bordo di un motoscafo, penetrano nel delta paludoso immortalato da Nicholas Ray ne LA FORESTA PIETRIFICATA) tutto (dalla natura, alla civiltà che boormaniamente si fa largo, ai personaggi che s'immergono nell'ambiente) si organizza con un respiro, una forza magistrale.

Nella violenza come nella tenerezza (una madre come quelle di Kazan, interpretata da una straordinaria Barbara Hershey), nella civetteria come nella seduzione (il biondo dei capelli della figlia di Tippi Hedren, attraverso le sbarre), nella requisitoria come nella constatazione (lo stupro della natura e l'esigenza di un rapporto incantato dell'uomo con il suo habitat) i temi di SHY PEOPLE ricordano, e scusate se è poco, quelli di DELIVERANCE. Filmati, però, per giungere a conclusioni diverse. Con quella cadenza pastorale, con quell'avidità inquisitoria e quel sentimento per il magico che ci ricordano che Konchalovski, prima di filmare alla gloria di Hollywood, aveva affrescato per noi gli spazi infiniti di SIBERIADE.