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I DIAVOLI
(THE DEVILS)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 2 marzo 1972
 
di Ken Russell, con Vanessa Redgrave, Oliver Reed, Dudley Sutto, Max Adrian, Gemma Jones (Gran Bretagna, 1971)
Dal libro di Huxley, la storia vera del prete Grandier, mandato al rogo per stregoneria per i suoi peccati di carne.

Cinema della violenza, dell'eccesso. Specie per chi non abbia seguito l'evoluzione stilistica, indubbiamente fra le più straordinarie dell'ultimo cinema, che ha condotto a I DIAVOLI partendo da WOMEN IN LOVE attraverso MUSIC LOVERS (L'ALTRA FACCIA DELL'AMORE). Ma, così come l'ascetismo di un Bresson può essere frainteso per aridità, o la sua spoglia semplicità addirittura per tedio, allo stesso modo l'arroganza morale, e forse ancora di più stilistica di Russell conduce egualmente a gridare alla speculazione, alla facilità dell'effetto blasfemo.

Si può indubbiamente preferire la via del pudore (anche qui morale e linguistico) a quella dell'estroversione sfrenata e dell'indignazione gridata. Ma I DIAVOLI, a dispetto delle riserve che si possono eventualmente e non necessariamente avanzare in proposito, possiede quella particolarità che distingue l'opera d'impegno artistico dalla pura e semplice rappresentazione: la facoltà di elevarsi al disopra dell'aneddoto, del contesto specifico per condurre un discorso più vasto, universale, eterno.

Russell possiede una abilità straordinaria per l'ambientazione: basti pensare alla Russia del delizioso prologo di MUSIC LOVERS, o all'Inghilterra degli anni Trenta di WOMEN IN LOVE . Ne I DIAVOLI non si tratta di far entrare un personaggio in un'epoca; al contrario, di renderlo indipendente dal contesto storico. E tutta la seconda parte del film, la più valida, è un abilissimo processo che tende ad astrarre Grandier dall'aneddoto. L'architettura della cittadella innanzitutto, così impersonale, simbolica, richiama allo spettatore non un'epoca precisa, ma la semplice idea di roccaforte, di luogo racchiuso, preservatore. E così l'abitazione di Grandier, la sola ad avere un aspetto umano, costruita a spirale, concentricamente sull'individuo pensante: la sua distruzione, quella delle statue,dei libri, rappresenta in una delle sequenze più espressive del film, l'inizio di una distruzione morale ed intellettuale, più che fisica.

Dalla calma raccolta del lago montano, tramite le sequenze-chiave del film (il taglio dei capelli osservato nello specchio del piatto, l'insostenibile confronto di sguardi con l'inquisitore, il processo ammirevolmente spersonalizzato) I DIAVOLI eternizza il proprio discorso su ogni forma di oppressione, ogni tentativo di togliere all'uomo la dignità. Su ogni privazione di libertà, di qualsiasi natura essa sia, politica, religiosa, morale o fisica. Più dei personaggi, diventano allora importanti gli ingranaggi, il gioco politico e strategico degli eventi e degli interessi che portano, da sempre, alla corruzione ed al male. Riflessione che trova uno sbocco ammirevole nelle inquadrature finali, con la moglie di Grandier che, attraverso la breccia delle rovine della città, s'incammina su una strada che dalla Ludon del Seicento porta a Hiroshima: passando attraverso tutti i tormenti del breve spazio che separa quei due luoghi.


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