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HALLOWEEN: LA NOTTE DELLE STREGHE
(HALLOWEEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 29 novembre 1979
 
di John Carpenter, con Jamie Lee Curtis, Donald Pleasence, Nancy Loomis, Tony Moran, (Stati Uniti, 1978)
 

Questo Carpenter indispettisce, e non è la prima volta. Di lui si sono visti al festival di Locarno di quest'anno due film, Distretto 13: le brigate della morte (Assault on Precint 13) del 1976 e Elvis, il re del rock, che circola attualmente nelle nostre sale. Con questo Halloween: la notte delle streghe che giunge da noi con allegro ritardo, si può osservare una costante dell'opera di questo giovane regista americano: quella di un notevole talento, perennemente rimesso in questione da una ideologia ambigua. 

Tralasciamo per un istante il film su Elvis Presley, nel quale il fattore consumistico, la grande rassomiglianza del protagonista con l'idolo scomparso, l'origine televisiva della pellicola hanno finito col traviare quella   che doveva essere l'atmosfera del film (dissacrante, melodrammatica, kitsch?).  

Distretto 13 era la cronaca di un assalto, come dice il titolo originale, ad una prigione. Un po' come nel Far-West, ma con una differenza: che la   prigione era in piena città, nel mezzo della notte. Tutto avveniva nell'indifferenza   glaciale. Nessuno interveniva, il massacro si compiva e, soprattutto, rimanevano misteriose l'identità degli assalitori, e le cause dell'assalto. Persino i cadaveri crivellati di pallottole scomparivano dalla vista dei difensori   della prigione. Magnificamente filmato, montato e anche interpretato, il film diventava così una specie di balletto astratto, fatto di violenza, di mistero. Una riflessione non molto chiara sulla natura del male.  

Visionare ora questo Halloween   ci aiuta a comprendere quello che c'era da comprendere in Assault. Qui pure c'è un rappresentante misterioso del Male. Un pazzo sfuggito da un manicomio, inseguito da un improbabile dottore che fa fuori sistematicamente tutte le adolescenti incontrate a causa di non ben   precisati traumi sessuali infantili.  Anche qui c'è la tragica indifferenza della cittadina, le stradine deserte fra gli alberi con le automobili posteggiate   per il week-end. Inutile bussare alle porte chiedendo aiuto: dall'interno si   guarderanno bene di aprirvi la porta.

Come in Assault c'è allora questa natura indefinita dell'origine malefica: il pazzo di Halloween non solo si rialza quando sembra ben liquidato dalle varie coltellate e pistolettate. Ma al termine, dopo avercelo mostrato definitivamente eliminato, Carpenter ce lo fa scomparire sotto gli occhi. Insomma: per il nostro regista - se non c'è altro da capire-  il male   è inestirpabile, ben radicato nella natura umana. E non bastano gli sforzi di poche buonanime per farlo scomparire da un mondo governato dall'indifferenza e dall'egoismo.

Tutto ciò, encomiabile anche se discretamente semplicistico, occupa però una minima parte dei film di Carpenter. Il resto, specie in questo Halloween, è la ricerca del terrore, dell'effetto al limite del grandguignol. Il sottoscritto non ha mai capito che gusto ci sia nell'andare a sobbalzare col cuore in gola su una poltroncina di un cinema: ma è chiaro che è a questa legge puramente commerciale che risponde gran parte del cinema di Carpenter.  Il tutto è molto ben fatto, con esigenze estetiche. Ma non si scomodi Hitchcock e   forse nemmeno Brian de Palma: la paura non rappresentava mai, per Hitch, il vero traguardo. Era il pretesto per tessere una tela, armoniosa, perfetta, piena di humour. E questa tela affascinante nella sua perfezione costituiva   la vera sorgente del nostro piacere.    


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