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FACE OFF
(FACE OFF - DUE FACCE DI UN ASSASSINO)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 28 agosto 1997
 
di John Woo, con John Travolta, Nicolas Cage, Joan Allen (Stati Uniti, 1997)
 

Nossignori, FACE OFF non è "uno dei soliti film americani violenti" della stagione. Sissignori, FACE OFF è un film d'azione: tra i più belli che siano stati fatti da dieci anni a questa parte. Ma FACE OFF non è soltanto un film d'azione. È un film sull'uomo; sulla sua solitudine, la sua necessità di riflessione, di rimettere in dubbio le proprie certezze, di chiarire la propria identità.

FACE OFF non è un film di effetti speciali: anche se parte da un presupposto balordo. Quello di un agente dell'FBI (John Travolta, ad ogni film sempre più straordinario) al quale un criminale psicopatico ha ucciso il figlioletto anni prima, e che si fa trapiantare la faccia del perverso Nicolas Cage. Per entrare a far parte dei malvagi, e smascherarne le trame. Ma che, a sua volta, si vede trafugata la sua, di faccia, dal barattolo di formaldeide nel quale era conservata: perché finisca proprio su quella del proprio nemico. Scambio d'identità quindi, come la drammaturgia ha praticato da tempi immemori: ma che il carattere ambiguo, polivalente dell'immagine cinematografica e della sua presunta oggettività fotografica riesce a coniugare con fascino rinnovato.

Di John Woo regista di Hong-Kong si conosceva l'arte consumata di un immaginario fatto di azione, di sfida cinetica alle regole della rappresentazione fisica, di un'inventiva disinvolta che toccava il musical come il kung-fu, la colorazione satura dell'iperrealismo come la manipolazione di ogni regola ed eccesso espressivo Ma i suoi film più noti, come A BETTER TOMORROW, THE KILLER o A BULLET IN THE HEAD già ci dicevano di preoccupazioni più intime: come il tema del doppio, la relatività, e l'intercambiabilità fra il bene ed il male. Dopo aver girato negli Stati Uniti due film parzialmente riusciti (HARD TARGET e BROKEN ARROW) a John Woo riesce ora il sogno di tanti registi visionari, dei Sergio Leone, dei Sam Fuller. Partire da un universo visibile e dinamico, evidente e spettacolare: per giungere all'intimo degli individui, alla melanconia ed alla nevrosi, alla metafisica ed alla poesia.

Il nucleo più prezioso e segreto di FACE OFF è come incorniciato da due formidabili sequenze dinamiche. Quella iniziale dello scontro fra i due nemici dall'odio ancestrale, sulla pista di un aeroporto fra i jet al decollo; e quella della resa dei conti finale, indimenticabile e folgorante sarabanda su due motoscafi lanciati nelle acque del porto. John Woo conduce a dei limiti difficilmente eguagliabili la propria arte coreografica: poiché di coreografia, e non di altro si tratta. Di uno straordinario balletto che Woo organizza sfidando ogni legge non tanto della credibilità (che non c'entra...) ma della logica fisica e dinamica: su quegli equilibri che gli permettono il retaggio di una tradizione culturale orientale. È un itinerario grafico e dinamico affascinante, fatto di accelerazioni e rallentamenti, di un'energia inaudita che finisce per stemperarsi in un ritmo sempre più assurdo, musicale ed esilarante: un divertissement per gli occhi che ricorda lo slancio dei maestri del movimento nella pittura contemporanea. Gioco prezioso, mai veramente tragico, sempre più impregnato di lancinante lirismo. Mai fine a se stesso: poiché conduce alla stilizzazione, all'astrazione. A quelle pause di riflessione che conducono alle parti più intime del film

Lo scambio delle facce - lo spettatore lo percepisce immediatamente - non è soltanto una trovata spettacolare ed umoristica. Se il buon Travolta con la faccia del cattivo finisce nella prigione creata dai sadici che si credono buoni, se il cattivo Cage camuffato da rappresentante dell'ordine finisce per dimostrare insospettate doti di novello marito e padre di famiglia, non è soltanto per farci comprendere la specularità dei due mondi. Per dimostrarci, come ne L'ANNO DEL DRAGONE di Michael Cimino che il mondo della legge, e quello della sua trasgressione sono organizzati seconda la medesima, inesorabile logica materiale e psicologica.

Progressivamente sedotti dall'universo del proprio nemico che stanno scoprendo, Travolta e Cage non solo si assomigliano sempre di più. Ma, una volta entrati a far parte del corpo del nemico cercano inconsciamente di superarlo, in una sorta di perfezionismo senza fine. Come attirati in uno specchio affascinante ci dimostreranno progressivamente che il doppio non è mai il risultato di una somma. Non uno più uno, ma uno eguale a uno.

Il regista si serve allora con arte ambigua e smaliziata del processo di identificazione dello spettatore. Sconcertato, destabilizzato dalla rappresentazioni di riti eterni ed identici questi è costantemente obbligato a rivedere le proprie posizioni, a chiedersi chi sia il buono e chi il cattivo. Costretto ad accorgersi che l'interrogativo non ha molta importanza: poiché il bene ed il male se non si equivalgono, si nutrono uno dell'altro. In una spirale perversa.

Intreccio di una sceneggiatura diabolica (lo scambio delle donne, la maturazione di queste che imparano ad amare colui che porta la faccia dell'Altro, l'itinerario straordinario del padre che per riappropriarsi il figlioletto scomparso deve indossare le sembianze di colui che l'ha ucciso...) che la regia di John Woo affonda in una melanconia che trascende ogni banalizzazione del genere, in una tenerezza sorprendente (il bambino del bandito che si estranea dalla sparatoria ascoltando in cuffia Over the Rainbow tratto dal Mago di Oz...) che muta il balletto spericolato in una tenera dichiarazione romantica.


   Il film in Internet (Google)
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