Il Sogno Americano colpisce ancora. Da sempre (l'ultimo in data era stato nel cartolinoso ALWAYS di Spielberg), Hollywood ci propone un tema che sembra stargli particolarmente a cuore: quello del morto con diritto di proroga. Al quale è concesso di rimanere più o meno in vita, per un periodo più o meno lungo. Magari con qualche bonus, tipo quello di occhieggiare dappertutto senza esser visto. O di trapassare muri come fossero burro. Ed organizzare scherzetti spiritati di dubbio gusto. E qualche handicap, come ci par giusto: non poter comunicare direttamente coi mortali, non riuscire a materializzare le proprie azioni.Dopo GHOST, anche questi ultimi inconvenienti sono stati aboliti: se per parlare alla fidanzata ha bisogno ancora di una medium (l'esilarante, anche se non proprio misurata Whoopi Goldberg), per proteggerla dai soliti loschi che le vogliono del male (e non solo del male, viste le grazie di quest'esordiente Demi Moore) il nostro morto deve imparare a poter distribuire sberle.
Come? Ovvio: credendoci fino in fondo, fidando nella propria buona volontà, fede, determinazione. Come, insomma, ogni buon americano pioniere. Vivo o, ci mancherebbe, morto.
Sistemata la filosofia, Jerry Zucker (L'AEREO PIÙ PAZZO DEL MONDO, UNA PALLOTTOLA SPUNTATA) condisce appunto: un po' di sentimento alla Frank Capra, di effetti alla George Lucas, di metafisica goticheggiante alla Friedkin.
Ma con misura. Il mestiere del buon cinema è fatto anche di buon gusto: gli effetti speciali di GHOST non sono mai di troppo, la comicità interviene al momento giusto, i sentimenti, con la canzone anni cinquanta, quando proprio non se ne può fare a meno.
Il risultato: gradevole, gradevole.