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EFFETTO NOTTE
(LA NUIT AMERICAINE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 settembre 1975
 
di François Truffaut, con François Truffaut, Jacqueline Bisset, Valentina Cortese, Alexandra Stewart, Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumont, Nathalie Baye, Jean-François Stévenin (Francia, 1973)
I titoli dei film nelle versioni italiane sono così cretini che abbiamo preso l'abitudine di ignorarli. In qualche caso, come questo, è un peccato: perché spiegano molte cose. Effetto notte è infatti quel procedimento tecnico, di origine tipicamente hollywoodiana, che permette di girare di giorno una scena notturna. Di trasformare cioé il sole in luna, grazie a qualche filtro ed alla sottoesposizione della pellicola.

Effetto notte vuol dire trucco, quindi. Ma anche illusione. Fascino dell'illusione, potere della illusione, equilibrio fra illusione e realtà. E fascino, quindi, del cinema.

Truffaut è stato uno dei critici più corrosivi ed intransigenti della stampa europea del dopoguerra. Poi è diventato regista (con il notissimo 400 COLPI: ma non un regista, come ci si poteva eventualmente attendere, arrabbiato. Anzi: delicato e sfumato, spesso anche deludente, qualche volta grande (L'ENFANT SAUVAGE, “LA PEAU DOUCE, BAISERS VOLES). Ma sempre dominato, oltre che dalla passione per i suoi idoli Hitchcock e Renoir, da quella per un linguaggio, il cinema. EFFETTO NOTTE, film sulla fascinazione cinematografica, girato da uno dei registi più innamorati del cinema che esistano al mondo, non poteva perciò non essere un'opera riuscita, ed una delle migliori del proprio autore.

EFFETTO NOTTE non ha una trama. È un film su un film, su come si gira un film, su come le realtà di molte situazioni umane (quelle del regista, degli attori, dei tecnici che partecipano alle riprese di un film) si traducono nell'illusione cinematografica, e viceversa. E', soprattutto, un atto d'amore. Che splendidamente Truffaut ha riassunto in una battuta che mette sulle labbra di un membro della squadra: “Non potrei mai lasciare un film per una donna, ma potrei lasciare una donna per un film”. Truffaut ha riuscito quello che è forse il film più ispirato della propria carriera grazie al proprio mestiere, che gli permette di montare con una perizia miracolosa le scene fittizie del film con quelle reali delle riprese dello stesso. E di trascendere così la cronaca per trasformarla in una meditazione sui limiti e sul fascino dell'illusione. Grazie a quella che è sempre stata la sua arma migliore, e che qui gli serve perfettamente: il pudore.

EFFETTO NOTTE è una storia d'amore di un uomo con un linguaggio. Ma anche di un regista nei confronti di coloro dei quali egli si serve, gli attori. Pochi registi amano i propri attori come Truffaut: e se qui i personaggi della finzione divengono degli esseri umani, è per la grazia straordinaria ed il delicato pudore con il quale il regista li osserva, li lascia vivere, interpretare sé stessi. Valentina Cortese, Léaud, J.P. Aumont, Jacqueline Bisset sono delle psicologie autonome, prima che dei personaggi. Con infinito umore, delicatezza, malinconia, Truffaut li osserva attraverso l'occhio da lui più amato, quello della macchina da ripresa.


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