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E.T. L'EXTRA-TERRESTRE
(E.T.THE EXTRA-TERRESTRIAL)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 16 dicembre 1982
 
di Steven Spielberg, con Henry Thomas, Dee Wallace, Peter Coyote (Stati Uniti, 1982)
 
Non sempre, ma spesso, il pubblico ha ragione: ed il successo travolgente di E.T. non è dovuto soltanto alla riuscita di una campagna consumistica. Se è sciocco adulare un cinema povero soltanto in quanto tale, altrettanto superficiale è l'attitudine di scrollarsi dalle spalle la responsabilità di un giudizio con il classico attributo del "ben fatto" quando si tratti di un prodotto agiato.

Dovrebbero bastare le prime immagini di E.T. a schiarire le idee: in un bosco di notte, ai margini di una metropoli della quale intravediamo il riflesso, si organizzano dei suoni e delle luci. C'è la minaccia di alcune ombre che s'intravedranno sempre di profilo (come nei comics), armate di torce che bucano la notte. Accompagnate, precedute meglio, da rumori di chiavistelli, mazzi di chiavi appesi alle cinture delle ombre. E c'è un incontro con la natura, con i funghi, il muschio, i tronchi umidi degli alberi: delle dita insolite e smisurate si avvicinano delicatamente a una piantina, sradicandola. C'è, è vero, un'astronave: ma si tratta sicuramente di uno degli elementi che meno colpiscono gli spettatori nei primi dieci minuti di E.T. E che, vista l'apparenza di casseruola da marronaio bucata, meno deve aver gravato sul budget del film.

Tutto ciò per dire che E.T. non è un film d'investimenti, ma di scrittura cinematografica: e per tutto il film l'autore, Steven Spielberg, cercherà di inquietare, di commuovere, di divertire o di far riflettere utilizzando degli elementi di pura espressione cinematografica. Delle illuminazioni, dei suoni, degli ambientamenti, o un certo tipo di direzione d'attori: ma sempre inseriti nel quotidiano. La facoltà di farci evadere da questo quotidiano Spielberg l'ottiene esclusivamente dalla propria capacità espressiva. I soldi, quindi, non c'entrano molto.

Dall'inizio, come sempre rivelatore di un film, comprendiamo anche altre cose: se la prima immagine rappresenta l'universo stellato, una ragione c'è. Ed è che il cinema americano ha sostituito i limiti dei propri spazi: non c'è più il western (ve ne sarete accorti) con la prateria stilizzata, la frontiera a delimitare i confini tra il bene e il male. Ora, dopo GUERRE STELLARI e INCONTRI RAVVICINATI (ma dopo, soprattutto, quello che ci offre la cronaca e la storia) ci sono altri confini. O, forse, l'assenza di confini.

Quello che è rimasto, ed è ciò che permette la nascita di un fenomeno come E.T., è lo spirito di una cultura, quella americana, ed il suo modo di affrontare l'avventura, l'ignoto, il futuro. Con una fede, un ottimismo, forse un'incoscienza che, se controllati da un indubbio talento artistico come quello dell'autore dello Squalo permettono di trasformare il gioco in predizione, l'assurdo in meraviglioso, l'ingenuo in naïf, e in poesia quindi.

Certo, E.T. è una fiaba: i riferimenti sono talora spiritosamente proposti (le caramelle che Elliott, novello Pollicino, semina lungo il cammino per attirare E.T.). Altre volte un po' pesantemente, come quando la madre rilegge i passaggi di Peter Pan. Ma il film, proprio come i western è anche l'occasione per porre gli elementi, in una dimensione elementare ed eterna, di una meditazione su altri temi (la tecnologia e la perdita di un contatto istintivo e magico con la natura e con il metafisico: in questo Spielberg sembra raggiungere il Boorman di DELIVERANCE e di EXCALIBUR) che ne rendono interessante la visione anche ai cosiddetti spettatori adulti.

La "filosofia" di Spielberg è sicuramente sbrigativa (e in questo ricorda quella fede nell'amore tout court del recente BLADE RUNNER) "i grandi non possono vederlo", dice la bimba alla madre. È solo nella semplicità incontaminata dell'uomo-fanciullo che il miracolo della sopravvivenza e del progresso può essere compiuto. Quando E.T. "muore", Elliot rimane solo con lui: è, ancora una volta, nell'intimità spirituale, allontanati i rappresentanti di una conoscenza imponente o violenta, che il bambino e l'essere venuto dall'aldilà riescono a comunicare, a far coincidere il magico con il naturale. Ma la morale forse semplicistica di Spielberg ha la fortuna di inserirsi in una dimensione espressiva quasi perfetta, che finisce con armonizzare e giustificare il tutto.

Il quadro nel quale si svolge il racconto è perfetto: la natura con quanto di ancora incontaminato possiede (gli animali, gli elementi naturali). La cittadina anonimamente astratta. Gli interni con gli oggetti di consumo, il frigo e, naturalmente, il televisore. Un personaggio che arrischia di restare nel cinema come quello di King-Kong: una prima impressione di repulsione, una seconda (gli occhi enormi e mobili) di grande umanità. Una direzione d'attori (i bambini, terrore di ogni cineasta...) impeccabile: e quando Spielberg sente che l'atmosfera incomincia a farsi troppo tesa, ecco l'uso sapiente dell'umorismo. La scena di E.T. che si nasconde fra i pupazzi quando la madre sta per scoprirlo. O la fuga in maschera il giorno dell'Halloween, con E.T. che vuol andarsene con il piccolo marziano. O ancora Elliott che esclama "non così alto!" per sdrammatizzare l'effetto non inedito del volo in bicicletta. Grazie alla sapienza espressiva di Spielberg E.T. riafferma così l'universalità del cinema intesa come spettacolo popolare: non a caso l'entusiasmo della platea coinvolge i bambini ma anche gli adulti, lo spettatore in cerca di semplice evasione come l'intellettuale. Certo il film non è privo di qualche caduta: una musica forse troppo invadente, una seconda parte che concede qualcosa al melodramma. Ma basta distaccarsi un attimo dall'emozione immediata per accorgersi come a Spielberg riesca quell'operazione di recupero di certi valori del mito cinematografico: tutto quanto di forzato vi era nel ritorno all'avventura nei Predatori dell'arca perduta (al di là della riuscita puramente tecnica) si svolge qui con una facilità ammirevoli. E il regista conferma di essere l'erede del Disney migliore.

Un film è fatto anche di intuizioni espressive: E.T. rimarrà nella memoria anche soltanto per quella splendida inquadratura finale dell'extra-terrestre che tende il dito verso la fronte del bambino. In una sola immagine il significato di tutto un modo di concepire il cinema e non solo quello: la fede, ingenua ma anche remunerative, nell'intelligenza e nella tecnologia. L'aspirazione al metafisico ed all'inespresso. E il richiamo, commovente, al patrimonio della memoria.


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