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DAYS OF BEEING WILD - NOS ANNEES SAUVAGES
(A FEI JING JUEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 maggio 2004
 
di Wong Kar-Wai, con Leslie Cheung, Maggie Cheung, Andy Lau, Carina Lau, Rebecca Pan, Jacky Ceung (Hong-Kong, 1991)
Nel 1991, il futuro autore di IN THE MOOD FOR LOVE ha 32 anni e già girato il suo primo film, AS TEARS GO BY, un noir che gli ha assicurato il successo pubblico. La cosa non si ripeterà con quello che è il suo primo "vero" film, DAYS OF BEEING WILD, impregnato di quelle caratteristiche (straordinarie, ma destabilizzanti, come le sue grandi star utilizzate a controimpiego, per le platee più vaste) che faranno di Wong Kar-wai il più grande dei cineasti della scuola di Hong-Kong,

Più di dieci dopo, si discuterà a lungo se 2046 non fosse che una specie di seguito ripetitivo di quel IN THE MOOD FOR LOVE appena reduce da un successo planetario: ciò che al contrario dovrebbe impressionare a quel momento è quanto 2046 si ricolleghi a DAYS OF BEEING WILD: di quanto quegli inizi di carriera testimoniano già di un universo poetico e di una relazione formale con quel mondo (Hong-Kong, gli anni Sessanta) incredibilmente maturo ed originale.

La meravigliosa libertà espressiva gli fa già collocare i personaggi e le loro azioni in un malinconico universo impressionista: ma tra il mondo della realtà e quello della fantasia e dei ricordi le frontiere non sono mai approssimative o lasciato ai casi della libera interpretazione. Proprio come per il tema che già si impone in tutta la sua prepotenza (la difficoltà dell'essere riamato; e, più generalmente, l'impossibilità dei sincronismi nelle relazioni umane) la stuttura espressiva, dai dettagli minimalisti alla vista d'assieme su un ambiene abbracciato in affascinante delirio visuale, è controllata con una precisione che non viene mai meno. E se il taglio delle inquadrature, la fusione delle dominanti cromatiche, l'impatto delle musiche e dei suoni-off s'impongono a prima vista, la deriva ambigua del playboy Yudd che annega il proprio passato segnato dall'assenza della figura materna in una fuga verso infinite avventure con le prede femminili a loro volta vittime o carnefici, dolci o violente, annuncia una dimensione di accorata ma incredibilmente vibrante riflessione esistenziale che non cesserà di riproporsi e di affinarsi nel corso della carriera del regista.


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