Film nel film. Con il giovane regista disoccupato alle prese con le mille, tragicomiche, tradizionali difficoltà per ricominciare a girare. Oltre che sbarcare il lunario; e risolvere la propria vita privata. Da questo schema iniziale non inedito Joachim Lafosse evolve in modo più che stimolante: il film che sta uscendo a fatica in sala si chiama infatti FOLIE PRIVÉE, proprio come sta succedendo nella vita dell'autore. E la sceneggiatura del nuovo progetto è lo specchio esatto della situazione presente: pubblica (un ritratto diretto e disinibito della disoccupazione a Bruxelles nel 2006), ma soprattutto privata. I rapporti intimi in crisi con la compagna, l'innamoramento per la ragazza del bar ingaggiata quale protagonista. Progressivamente, alle riunioni preparatorie del film i protagonisti si renderanno conto di mettere in scena loro stessi. Fino all'impudicizia, all'autoterapia che diverrà sempre più indispensabile alla riuscita del progetto
Film piccolo, povero e privato (girato in contemporanea a NUE PROPRIETÉE: il primo finirà a Locarno, il secondo in concorso a Venezia!). Ma Lafosse, l'aveva provato proprio nel suo primo FOLIE PRIVÉE, sa incollarsi ai propri personaggi come pochi, frugarne l'epidermide come l'anima. Raggiungere una fragile, preziosa intimità, in una resa sempre più autentica delle situazioni.
Da simpatico divertissement che era, il film diventa così una interrogazione a tratti drammaticamente emozionante sul coinvolgimento personale di ogni artista. Ogni creazione è autobiografia: ma fino a che punto? Peccato che il finale tradisca quella che sembrava essere la propria tesi: per essere vero il film appena girato avrebbe dovuto comprendere le sequenze interpretate dalla protagonista dilettante: solo apparentemente fallite, in effetti rivelatrici. Mentre queste vengono sostituite da quelle corrette tecnicamente, ma in effetti false, interpretate dalla professionista. Peccato veniale di un piccolo colpo altrimenti maestro.