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FAMILY LIFE
(FAMILY LIFE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 ottobre 1976
 
di Ken Loach, con Sandy Ratcliff, Grace Cave, Bill Dean, Malcolm Tierney, Hylar Martin (Gran Bretagna, 1971)
Discesa negli inferni della schizofrenia di una adolescente vittima di un ambiente oppressivamente protettivo.

Due citazioni s'impongono. Ronald D. Laing, psicanalista: "la funzione della famiglia è quella di respingere l'Eros, di dare un falso sentimento di sicurezza, di negare la morte evitando la vita, di negare qualsiasi trascendenza, di credere in Dio ma di non compiere l'esperienza del vizio, di creare un uomo unidimensionale, di promuovere il rispetto, l'obbedienza, la conformità, di impedire al bambino di giocare, di inculcare il timore dello scacco, il rispetto del lavoro, e quello della rispettabilità".

E quella del regista Ken Loach medesimo: "FAMILY LIFE e KES non sono tanto un attacco incondizionato alla famiglia, quanto una rimessa in causa della società, attraverso le sue istituzioni più repressive: famiglia, ospedale, scuola, prigione. La famiglia non viene considerata qui come il peggiore di tutti i mali, né come la cosa da abbattere, ma come una forma che non conviene più ai nostri schemi sociali attuali. In una prospettiva storica la famiglia cosiddetta "normale" è coercitiva, distruttrice. Nello stesso ordine di idee il nostro film non va considerato come un duello fra psichiatria e anti-psichiatria, che si concluderebbe a vantaggio della seconda. Piuttosto, è stato minuziosamente studiato il ruolo della società in tutto questo. Il caso di Janice è esemplare in quanto esso illustra la lotta di un individuo contro un sistema sociale. Per impedire ad un individuo di diventare sovversivo, di rimettere in causa la totalità di un sistema, la società possiede delle armi feroci. Le due più efficaci sono la famiglia e la psichiatria tradizionale. Non a caso la follia di Janice si traduce in una schizofrenia atona. Il suo mutismo è la sola via di uscita, tutto quello che avrebbe da dire è respinto dalla società in quanto nocivo. "

L'arte di Ken Loach, una delle non molte grandi personalità del cinema britannico dell'ultimo decennio, consiste nel non fare di tutto ciò soltanto un libello. Certo, l'asprezza della denuncia, la passione per una causa così importante dominano (e fortunatamente) l'opera; ma quasi mai (forse soltanto in qualche sequenza sul finale, l'ultima visita dei genitori) riescono ad offuscarne la grande forza. Che è una straordinaria sensibilità, una insopprimibile verità. Loach si basa sugli attori. Egli è un grandissimo direttore di attori: ed i personaggi di Janice, della madre, del padre sono un esempio indimenticabile di naturalezza.

La grande forza del film, il suo sconvolgente potere di denuncia e di partecipazione, viene dalla pittura dei personaggi. La madre, il padre non sono mai in cattiva fede: la loro protezione, la loro buona volontà è evidente. Ma è quello che sta a monte di questa buona volontà che è bacato irrimediabilmente. I falsi valori, l'influsso nefasto delle leggi tramandate da una società basata su dei valori effimeri ed ora distruttori, fa si che ogni parola, ogni gesto dettato da questa morale si trasformi in un impietoso e drammatico lavoro di distruzione psicologica.

C è una sequenza del film che la dice lunga sulla morale borghese, intesa nel suo significato più deleterio: ed è quella, assolutamente straordinaria, del pranzo domenicale. In questa tipica riunione familiare si sviluppano, con una progressione drammatica al limite del sostenibile, tutti i germi che minano i rapporti dei nuclei più intimi della nostra società. La splendida figura della madre, che di fronte alla follia della figlia, crede ancora di rimediare a tutto portando in tavola il budino della domenica è una creazione esemplare, che da sola vale tutto il film. Sconvolgente opera di denuncia (si pensi alla sequenza finale della ragazza data in pasto agli studenti di "psichiatria") FAMILY LIFE è anche uno dei momenti di poesia più alta sulla vita di famiglia e sulla solitudine umana. Fondendo, a quel modo, l'inconciliabile.


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