C'è un marziano, nel sogno americano.Senza scomodare la faccenda della montagna e del topolino, diciamo subito che INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO un poco delude. Fosse un filmetto qualsiasi, uscito da non si sa bene dove, certo la reazione sarebbe diversa. Ma qui siamo di fronte alla meraviglia delle meraviglie: GUERRE STELLARI aveva appena battuto tutti i record d'incassi della storia del cinema, e noi subito a scriverlo, ecco che INCONTRI RAVVICINATI strabatteva di nuovo tutto. Gli incassi potrebbero anche non significare un granché: ma non dimentichiamo che il cinema degli ultimissimi anni, quello americano perlomeno, significa grande spettacolo. Ritorno al grande spettacolo. Con una differenza: che a farlo sono dei registi essi pure grandi.E Steven Spielberg, giovane e geniale, dovrebbe essere uno di questi nuovi mostri: capaci a trent'anni di padroneggiare incredibilmente queste enormi iniziative spettacolari, e dì trasformarle in arte, oltre che in gigantesco prodotto di consumo. Ora, INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO contiene pagine di splendida scrittura cinematografica. Ma anche vuoti espressivi più che evidenti. Cose che i geni non dovrebbero potersi permettere...
Vediamo innanzitutto di inquadrare Il genere, perché mi sa che con questi arrivi tremendamente ravvicinati di fenomeni cinematografici, lo spettatore perde la bussola. GUERRE STELLARI e questo film di Spielberg possono chiamarsi vagamente di fantascienza. Vagamente perché il primo, ad esempio, è un film che si prende gioco della fantascienza. In questo genere domineranno probabilmente, e per un pezzo, i tre grandi esempi. Il primo è 2001: ODISSEA NELO SPAZIO, il capolavoro riconosciuto. È un film di riflessione, di filosofia, l'opera di un illuminista, di uno che si pone un mucchio di domande e di dubbi. L'opera soprattutto, a differenza delle altre due, di un europeo trapiantato in America, Stanley Kubrick, col suoi bagaglio di cultura. GUERRE STELLARI è un giocattolo favoloso, un enorme fumetto autoironico, Tarzan, Biancaneve, Il buono e Il cattivo. L'opera di George Lucas è un omaggio milionario all'Avventura ed alla Fiaba offerto dalla tecnologia degli anni settanta. Ed ora, INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO è il film di un americano, ma di un americano che ci crede. Un film messianico, religioso. Un atto dì fede in certi punti fermi della cultura americana, il Sogno e le Nuove frontiere. Se diciamo che il film di Spielberg ci sembra il meno perfetto dei tre, non è sicuramente per questa sua scelta ideologica. Perché è una scelta per la quale Il cinema americano è debitore di innumerevoli capolavori. Ma perché, dei tre film, è quello che con minor rigore espressivo espone e conclude il proprio discorso. E quindi, come sempre in questi casi, è proprio il discorso interno, quello delle idee, a soffrirne ed a fare dubitare.
Spielberg è il regista dell'inquietudine. La forza e il fascino di DUEL o di LO SQUALO è che dietro alla paura, banale ed esteriore, affiora l'inquietudine, che è un sentimento più sottile, rivelatore e critico. L'autocarro terrorizzante o le fauci del pescecane erano il riflesso di un malessere profondo, subdolo e indefinito, quello della nostra società e della nostra epoca. LO SQUALO è stata la prima produzione "colossale" dì SpIelberg. Aveva una parte centrale (quella degli Intrighi politici della cittadina balneare) abbastanza aneddotica e banale. Ma ci dava nella seconda parte la presenza dell'avventura marina come solo Hemingway o Melville in letteratura ci avevano offerto. E, ancor più, usava in tutta la prima parte l'elemento liquido, l'acqua, il mare per quello che è. Il riflesso di una paura ancestrale, quella dell'ignoto, quella dell'insondabile.
Proprio per questa capacità di Spielberg di trasformare l'oggetto quotidiano in proiezione psicologica, di materializzare l'angoscia interiore, sì poteva pensare che il mistero e l'angoscia fantascientifica gli fossero congeniali. Al contrario, INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO parzialmente delude proprio per la sua impotenza nell'interiorizzare il discorso, nel trasformare in inquietudine psicologica, il malessere morale la sorpresa o la paura. Se ridiamo osservando i robot di GUERRE STELLARI va benissimo, perché il film è un grosso divertimento. Ma se ci capita la stessa cosa in INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO, o se semplicemente restiamo ad osservare ammirati certe immagini stupende, il film è sbagliato: perché l'intenzione di Spielberg, qui, era di farei credere non solo nei dischi volanti, ma nella possibilità di nuovi viaggi, di nuove credenze, di nuove frontiere. INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO esige che lo spettatore venga coinvolto nell'atto di fede del suo autore: se questo non avviene, allora l'ottimismo. tipicamente americano, di Spielberg si trasforma, pericolosamente, in ridicolo. Ma la costruzione del film non sempre permette allo spettatore di rimanere coinvolto: soprattutto nella parte centrale l'opera è costruita in un modo stranamente incerto ed approssimativo, considerata l'importanza artistica e produttiva del lavoro. Dopo l'esperienza affascinante dei primi "avvistamenti", e prima delle bellissime sequenze finali, il film si basa sulle formule risapute e nemmeno perfettamente esposte, del tipico film di azione e di avventura. La successione degli avvenimenti non è chiarissima, il ritmo è incerto, l'interesse dello spettatore cala. Anche la scelta degli interpreti non è perfetta: François Truffaut, che compare nelle vesti di uno scienziato francese, è francamente privo di qualsiasi peso.
Il film vive moltissimo sulla fotografia, che è stupenda, sull'uso iperrealistico del colore; il tutto opera di uno dei maggiori direttori di fotografia contemporanei, Vilgos Zsigmond. E, naturalmente, sulla bellezza a tratti clamorosa degli "effetti speciali", che hanno ormai raggiunto una perfezione impensabile. Indubbiamente, l'ultima mezz'ora del film è di una Intelligenza espressiva rara; Spielberg riesce a guidare l'enorme baraccone a disposizione con una padronanza e una disinvoltura tale da non impedirgli, di tanto in tanto, di far anche della poesia. Non era facile farei incontrare i "marziani": bisogna riconoscere che Spielberg riesce a dare il meglio del film, a superare la semplice dimostrazione per raggiungere, appunto, la poesia proprio nel momento più difficile.
INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO conferma il grande talento del suo giovane autore (si pensi anche ai primi incontri con le forze extraterrestri, il bambino, i giocattoli che si mettono in moto, eccetera). Ma, al tempo stesso, più che nello SQUALO si mettono a nudo certe cadute di tono, certi sbagli d'impostazione e quindi, in definitiva, una mancanza di credibilità di tutta l'impresa che non si possono ammettere in certe iniziative che si annunciano senza esitazione come l'avvenimento cinematografico dell'anno. Per rimanere nel campo di questi fenomeni macroscopici, e benché un confronto sia ingiusto per le differenze che sottolineavamo più sopra, è impossibile non notare come GUERRE STELLARI abbia una unità di stile, una coerenza espressiva di molto superiori. E quindi una chiarezza di intenti e di risultati superiore.
Ultimo venuto fra gli "enfant prodige" di Hollywood, George Lucas sembra stia dando lezione di maturità ai suoi amici De Palma, Scorsese e Spielberg.