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PAYBACK - LA RIVINCITA DI PORTER Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 marzo 1999
 
di Brian Helgeland, con Mel Gibson, Deborah Unger, Kris Kristofferson, James Coburn (Stati Uniti, 1998)
 
Pur essendo al suo esordio come regista Brian Helgeland non è proprio uno sprovveduto. Addirittura un Oscar; anche se in partecipazione, con Curtis Hanson, anche se per una co-sceneggiatura. Ma per un film che è cresciuto nel tempo, per affermarsi progressivamente come uno dei polizieschi più significativi dell'ultimo decennio, L. A. CONFIDENTIAL. Tratto da un romanzo di James Ellroy, di quelli impossibili da tradurre sullo schermo perché complicati, eccessivi, densi di risvolti, notazioni, personaggi e significati, nei limiti di una regia elegante, referenziale ma un po' anonima, un esempio perfetto di come una sceneggiatura intelligente ed ispirata possa venire a capo di una letteratura "pesante". Senza perdere nulla (chi dimentica la bionda fatale alla Veronika Lake di una splendida Kim Basinger, nel suo miglior ruolo finora?) di quella malinconia, di quel pessimismo, di quel sentimento disperato di ineluttabilità che racchiude il segreto dei grandi "noir" della tradizione cinematografica.

Ed ora di nuovo un giallo (di Donald Weslake), sul quale si nota come si è scavato per giungere al copione. La storia classica di Porter, non proprio un agnellino ma a modo suo tutto di un pezzo: tradito due volte, dalla moglie e dall'amico. E della sua ossessione: solo contro tutti come di dovere, addirittura l'intera organizzazione mafiosa locale. Ma, come sempre a contare non è tanto il "cosa", quanto il "come". E quello di PAYBACK rivela, accanto a svolte più prevedibili alcune curiosità. A cominciare dalla scelta degli ambienti di una Chicago insolita, fotografata con dei toni bluastri, tutti lisciati alla ricerca di una stilizzazione, di un'astrazione che renda il contenitore urbano e, di conseguenza il contenuto meno banale. Poi, la scelta degli attori. Helgeland compie la prodezza di ridare una verginità a qualcuno come Mel Gibson: togliendogli la patina di troppe interpretazioni stereotipate, restituendogli vigore come vulnerabilità, quindi umanità.Tutto il cast funziona a meraviglia: da quella disperata di sua moglie (la Deborah Hunger di CRASH di Cronenberg) ai navigatissimi Coburn e Kristofferson che costruiscono due cattivi originali e divertiti, al Gregg Henry di Brian de Palma che campa il socio killer, sadomaso e utilmente tragicomico. Ma l'originalità di PAYBACK, tutta debitrice del suo abile copione risiede nel tono sorprendente: non tanto violento, quanto di un'amoralità determinata, priva di qualsiasi ambiguità. Che fa di Porter - uno che vuole riappropriarsi dei 70'000 che gli "spettano", ma rifiuta un solo dollaro in più - la più onesta delle canaglie in circolazione.


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