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Dapprima la folla sterminata, in prospettiva sui Champs-Elysees, a festeggiare, prima che tramonti il sole, la vittoria francese ai mondiali di calcio del 2018. E' la festa, effimera ma di tutti, bianchi e neri, adulti e bambini, ricchi e poveri. Prima che, un giorno solo più tardi, questo film per molti versi straordinario abbia smesso di scorrere sulla frase di Victor Hugo alla quale s'ispira: "Non ci sono ne' uomini ne' erbe cattive, soltanto cattivi coltivatori".
Figlio d'immigrati dal Mali, il suo autore Ladj Ly è nato e cresciuto a Montfermeil, nella banlieu di Parigi. Fino al tempo di comperarsi, a diciassette anni, una cinepresa malandata. E quindi a filmare, oltre che a trascorrere vicissitudini sulle quali molto si è ricamato, tutto quanto accadeva attorno a sè. Finalmente nel 2017, dopo alcuni documentari non indifferenti, un cortometraggio ammirato e premiato; seguito, a svilupparne i contenuti, questo suo primo lungometraggio dal medesimo titolo, Les misérables. L'indagine più lucida, nei 24 anni che ci separano da La haine (L'odio) di Mathieu Kassovitz, della situazione multietnica, sociale e politica, divenuta nel frattempo emblematica, dei dimenticati nelle periferie.
E' uno sguardo basato sulla finzione, quello di Les Miserables: con invenzioni anche scenaristiche, a produrre un intervento che conduca lo spettatore ad una crescente tensione psicologica. Conferendo così al film un efficacissimo strumento di successo popolare, nato un po' dappertutto in seguito alla presentazione del film a Cannes 2019 oltre che a rappresentare la Francia agli Oscar. Lo sguardo sorprendentemente esaustivo di Ladj Ly non abbandona però mai lo spettatore all'impressione di assistere a qualcosa di costruito: al contrario, lo conduce a confrontarsi costantemente con il dubbio di affrontare un documento e una situazione autentica, nei personaggi come nell'ambiente.
Ciò che oltre certe loro diversità avvicina attraverso gli anni il film di Ladj Ly a quello di Kassovitz, ciò che accomuna due visioni di una realtà che ognuno giudicherà se evoluta nel tempo, è il fatto che ambedue s'impediscono di scegliere. Di suggerire, quali siano i buoni e i cattivi, gli innocenti e i colpevoli. Fra i poliziotti, i vari boss del quartiere, gli zingari, i fratelli musulmani, i bianchi, i neri. Il bene e il male. Il modo, piuttosto, di evitare l’aneddoto, di guardare agli accadimenti con un minimo di distanza. Di relativizzare, avvicinandosi così alla Storia, piuttosto che accontentarsi con la provvisorietà del reportage.
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* * * * LES MISERABLES, by Ladj Ly, with Damien Bonnard, Alexis Manenti, Djibril Zonga, Issa Perica, Al-Hassan Ly (France 2019)
At first, the crowds are in perspective on the Champs-Elysees to celebrate, before the sun sets, the French victory at the 2018 World Cup. It is the party, ephemeral but of everyone, black and white, adults and children, rich and poor. Before, only one day later, this extraordinary film, in many ways extraordinary, stopped flowing on Victor Hugo's phrase from which it is inspired: "There are neither men nor bad herbs, only bad farmers".
Son of immigrants from Mali, its author Ladj Ly was born and raised in Montfermeil, in the banlieu of Paris. Until the time he bought himself, at the age of seventeen, a shabby camera. And then to film, as well as to spend vicissitudes on which he embroidered a lot, everything that happened around him. Finally, in 2017, after a number of not inconsiderable documentaries, he made an admired and award-winning short film, followed by his first feature film with the same title, Les misérables. In the 24 years that separate us from Mathieu Kassovitz's La Haine (Hate), the most lucid investigation of the multi-ethnic, social and political situation, which has become emblematic in the meantime, of the forgotten in the suburbs.
It is a look based on fiction, that of Les Miserables: with inventions also scenic, to produce an intervention that leads the viewer to a growing psychological tension. And thus gives the film a very effective tool for popular success, born a bit 'everywhere after the presentation of the film at Cannes 2019 as well as representing France at the Oscars. However, Ladj Ly's surprisingly exhaustive look never leaves the viewer with the impression of witnessing something constructed: on the contrary, it leads him to constantly confront the doubt of facing a document and an authentic situation, both in the characters and in the environment.
What brings Ladj Ly's film and Kassovitz's film closer to each other over the years, what unites two visions of a reality that everyone will judge if it has evolved over time, is the fact that both are prevented from choosing. To suggest which are the good and the bad, the innocent and the guilty. Among the policemen, the various bosses in the neighborhood, the gypsies, the Muslim brothers, the whites, the blacks. The good and the bad. The way, rather, to avoid the anecdote, to look at the events with a minimum of distance. To relativize, thus getting closer to History, rather than being satisfied with the temporariness of reporting.
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