di Haroun Mahamat - Saleh, con Youssif Dujaoro, Diouc Koma
(Ciad - Francia, 2010)
Premio della Giuria a Cannes 2010. Ma al film manca tutto quanto rendeva DARATT universale, al di la della condivisione di una simpatia para africana. E cioè' la razionalità di una scrittura, la continuità di una drammaturgia, l'essenzialità' dell'uso degli spazi: che nel film precedente di Mahamat Saleh riusciva a distaccarsi dalle emozioni del teatro africano, a diventare una palestra di riflessioni umane non più localistiche ma universali, quasi astratte, e quindi eterne.
Qui la vicenda accorata del brav'uomo, addetto alla piscina dell'albergo che finirà' per vendere il figlio alle truppe governative che combattono i ribelli e' più' melodrammatica e dondolante. Fatta di ripensamenti aneddotici piuttosto che di un discorso netto e preciso. Sul filo, appunto, di una drammaturgia drasticamente coerente. A quel modo, i rapporti di amore e anche di forza che si erano stabiliti fra padre e figlio finiscono per stemperarsi, assieme alla città' invasa dalla guerra.