REPERAGES, per i cineasti di lingua francese, significa scelta dei luoghi di ripresa. Quell'operazione, cioè, che si effettua prima che si incominci a girare un film, e che consiste in un sopralluogo, termine in italiano assai brutale, degli ambienti, esterni ed interni, nei quali si girerà in seguito il film. Ma repérages significa inoltre individuare con esattezza, collocare precisamente in uno spazio che può anche essere spirituale. E' quello che tenta di fare il regista protagonista del film, Jean Louis Trintignant, invitando in un vecchio albergo sulle rive del Lemano, tre donne, le protagoniste delle «Tre sorelle» di Cechov che egli intende adattare per lo schermo. Le tre donne rappresentano per il regista il lavoro, la giovinezza e l'amore: ricamando sulla grazia del ricordo cecoviano in un'atmosfera svizzera di identica seduzione, Soutter desidera ricuperare, nella memoria dei suoi personaggi, certi momenti sentimentali, certe emozioni del passato.
Il gioco è condotto con una levità esemplare. Soutter ha parlato della semplicità di un quartetto musicale, nel quale i suoi quattro attori intrecciano rapporti e sentimenti in armonia ed intimità. Semplice, lineare, sul filo della fotografia di Renato Berta il film di Soutter lo è certamente: e dalle sue capacità nella direzione degli attori nasce anche quel sentimento di intimità indispensabile in una operazione del genere. Ma chiarezza, semplicità significano necessariamente sensibilità, approfondimento, poesia? Osservando Trintignant, in modo particolare, ma anche la Massari e la pur bravissima Delphine Seyrig deambulare per i parchi vodesi e vaneggiare su certi fantasmi del passato e del presente si può dubitarne.
L'armonia di Soutter la si vorrebbe un poco meno armoniosa, le tre donne un po' meno schematicamente sistemate nel loro ruolo risaputo di amore, gioventù e anche lavoro. In quanto al protagonista, Trintignant, a tratti angosciosamente alla ricerca di una ragione di essere, ci sembra l'immagine di un certo cinema svizzero sempre più attuale. Immagine di un professionismo divenuto ormai impeccabile: ma ordinato e sterile, proprio come quella realtà locale che un tempo si voleva denunciare.