Non era male l'idea di partenza. Nella Sicilia del 1953 seguire le tragicomiche attività di un cineasta ambulante (Sergio Castellito) che gira per le piazze girando dei pseudo "provini" cinematografici: si versano millecinquecento lire, e si aspetta che la gloria arrivi di ritorno da Cinecittà.Occasione perfetta per una serie di ritratti saporosi, presi dal vivo, di facce vere, di personaggi presi dalla strada che la fotografia sapiente di Dante Spinotti non si lascia di certo sfuggire; occasione-bis per inquadrare le disavventure dell'imbroglioncello che ricorda non poco certi grandi personaggi di Alberto Sordi, il tutto inquadrato nello splendido spettacolo delle piazze e delle campagne siciliane. Occasione, per il regista, di rigenerarsi nel vero dopo le esperienze pesantemente allusive e simboliche di STANNO TUTTI BENE e di UNA PURA FORMALITÀ.
MA occasione ahimè perché Tornatore si abbandoni ben presto (non appena si tratti di raccontare, d'inserire quelle figurine in una storia, di abbozzare un assieme che si sviluppi e si significhi) ai suoi vizi di sempre, a quella superficialità e presunzione che una patina di mestiere alla Lelouch fatica a camuffare. Sempre di più allora, L'UOMO DELLE STELLE viene ad assomigliare al suo autore. O, meglio, il suo autore al protagonista del suo film: pittore della domenica di belle immagini che seducono e sfuggono, che pericolosamente ci ricordano quelle dorate delle seduzioni pubblicitarie: collezionista nostalgico, attento ad una realtà che rimane costantemente a livello simbolico, pimpante quanto impotente in nome dell'oleografia culturale di un cinema italiano citato con profusione di mezzi: dall'intimismo di De Sica alla bandiere rosse di Bertolucci, dagli slanci epici dei Taviani alle commedie graffianti-sentimentali di Comencini, alle inevitabili divagazioni felliniane.
Non mancano infine i rimandi all'opera-feticcio di Tornatore, NUOVO CINEMA PARADISO: con il risultato che il film finisce per tradire quell'affanno che dev'essere ben radicato nell'intimo dell'autore: ritrovare ad ogni costo il successo popolare e la stima critica che saluarono la sua prima opera.