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di Cristina Comencini, con Giovanna Mezzogiorno, Alessio Boni, Stefania Rocca, Angela Finocchiaro, Giuseppe Battiston, Luigi Lo Cascio
(Italia, 2005)
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I buoni film si costruiscono su un contenuto valido: quando si esprimono con uno stile, con la qualità di uno sguardo che li rafforzi, meglio, li sublimi allora si fanno grandi. LA BESTIA NEL CUORE è un ottimo film (considerato quanto passa il convento; e il solo della selezione nazionale degno di far parte del Concorso alla recente Mostra veneziana), non un grande film. Per esserlo gli manca, come a (quasi?) tutto il cinema del suo paese in circolazione da troppo tempo il segno di una scrittura personale e inconfutabile. Vasto dibattito, che non riguarda solo l'Italia, tra altro. I giovani cineasti non guardano all'inconfondibile rigore dei grandi del passato, dei Rossellini, degli Antonioni o dei Rosi. Ma a cosa? Forse alla televisione, ai serials, ai clips ai videogame. Bypassato il preambolo, mi sembra però ottuso ignorare (come sembra fare buona parte della critica anche italiana) come l'ultima fatica della Comencini Cristina, dopo diverse prove non proprio indimenticabili (il micidiale VA' DOVE TI PORTA IL CUORE...) faccia assolutamente onore alla sua autrice, addirittura alla cultura italiana; con la maiuscola o minuscola a seconda dei gusti. Una volta tanto libera di esprimersi, magari sui toni dei sentimenti più immediati, libera dalle catene delle vaticane imposizioni sul ruolo della famiglia, delle responsabilità più o meno sacrosante o anche di uno schietto approccio analitico ad un tema delicato e tragico come quello dell'incesto. Tratto dal romanzo del quale è autrice la regista stessa, il film riesce a decantare, almeno in parte, la disinvoltura inevitabilmente tele-glamour ma non per questo meno legittima con la quale vengono intrecciate vicende che avrebbero potuto essere soltanto patetiche. Viaggio a ritroso negli affetti di una giovane donna che ricostruisce assieme al fratello le ragioni della propria infelicità nelle molestie subite da piccoli da un padre apparentemente maturo e sereno; ma pure in quelli di una sua amica e innamorata d'infanzia, rimasta cieca ma finalmente reinserita grazie ad una casalinga pragmatica. E, ancora, mariti e fidanzati, cinici o labili: tutto a ruotare, fortunatamente con ironia, attorno ai drammi maggiori. Merito, allora, di chi ha saputo dosare il coraggio del tema e la leggerezza anche umoristica di una sua divulgazione popolare con misura e intelligenza. Merito degli attori che sono impeccabili: prima fra tutti una strepitosa Angela Finocchiaro, incredibilmente vicina alla vita. Perché il cinema italiano non la usi più di spesso e perché a Venezia non abbiano premiato lei rimane uno dei misteri di quello spettacolo che spesso si vuole arte approssimativa.
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