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UN ETRANGE VOYAGE Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 30 settembre 1982
 
di Alain Cavalier, con Jean Rochefort, Camille de Casabianca (Francia, 1980)
"I film che seguono un itinerario, fisico o psichico, non costituiscono certamente una novità. E nemmeno, dai tempi dell'AVVENTURA di Antonioni, quelli che prendono avvio dalla scomparsa di una persona, e non per fini polizieschi.

Eppure, nel quadro del cinema francese degli ultimi anni, UN ETRANGE VOYAGE brilla per originalità e per efficacia. La scomparsa è quella di un'anziana signora, che non vedremo se non in fotografia, sul tragitto ferroviario che da Troyes porta a Parigi. L'itinerario è quello seguito dal figlio, Jean Rochefort, e dalla nipote ventenne: passo dopo passo, cespuglio dopo cespuglio, i due frugheranno le zone limitrofe i binari. Nella speranza di risolvere il mistero della scomparsa.

Basato su un fatto di cronaca realmente accaduto ad una famiglia di giapponesi in vacanza in Europa alcuni anni fa, UN ETRANGE VOYAGE non ha nulla del film giallo, o della ricerca di un certo tipo di suspense. È la cronaca di un itinerario, ma di un viaggio che diventa sempre più spirituale: che si svolge all'interno di un padre e di una figlia, alla ricerca di loro stessi, e di un rapporto reciproco che non avevano mai avuto.

Alain Cavalier è un regista ormai cinquantenne, partito con l'intenzione di fare una carriera di quelle che si usano definire di buon mestiere. Poi, alcuni anni fa, una svolta che di solito i registi compiono in senso inverso: quello verso dei film a piccolo budget, fatti di riflessione, d'intimismo, d'ispirazione. Un etrange voyage appartiene a questa vena.

Con una carta in più da giocare: una ventenne dal viso pulito e dal nome impossibile, Camille de Casabianca. Che è la figlia del regista, e che è la vera ragione d'essere del film. Poiché tutto si organizza attorno a lei, alle sue reazioni, alle sue repliche, al suo istinto di donna; e di attrice della quale sentiremo sicuramente parlare.

Sul filo di una geometria essenziale, quella di un percorso ferroviario, Cavalier ha avuto l'intelligenza di costruire un film tutto basato sulla semplicità. Le inquadrature sono spesso fisse, e soprattutto pulite, organizzate in classici campo e controcampo. La sceneggiatura è logica, i dialoghi conseguenti.

La natura non è mai osservata con occhio lirico o naturalistico: è un quadro semplice ed essenziale, entro il quale, in perfetta naturalezza si sviluppano i sentimenti ritrovati di un uomo e una donna. Le parti più riuscite del film sono proprio quelle prive di dialoghi, costruite proprio sull'equilibrio di un inserimento armonioso in un quadro cinematografico e sulle reazioni di due attori in perfetta simbiosi. Quelle meno riuscite sono quelle più pensate: i rapporti all'università della ragazza coi compagni, l'incubo di Rochefort, certe spiegazioni tra i due che già si erano intuite da tempo.

Un etrange voyage non è quindi da liquidare con la qualifica sbrigativa di filmetto: quando in un cinema arzigogolato e acefalo come quello francese si raggiunge la semplicità di Cavalier significa aver scelto una strada precisa. E aver usato, per sceglierla, dei mezzi sofferti e meditati. Parrebbe poco, ma è forse molto."


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