"Sette anni dopo, Raymond Depardon si è rinchiuso di nuovo fra quattro mura. Non sono più quelle dell'Hotel-Dieu, dove aveva girato URGENCES ma quelle, situate a poche centinaia di metri, del Palais de Justice. Sette anni spesi per ottenere le autorizzazioni a filmare le procedure con le quali sono condotte avanti ai giudici istruttori gli individui sopresi in "delitto flagrante".Lo dice già il titolo: non "flagrante delitto", e cioè delitto evidente, colto sul fatto. Ma "delitto flagrante", per il quale l'evidenza non è più quella del soggetto, ma dell'oggetto. Della causa (sociale, economica, politica) che ha condotto - quasi costretto- un individuo a compiere il suo (solitamente minore) delitto.
È quindi in quest'ottica morale e politica che il grande documentarista ha costruito l'estetica del suo film. Due soli piani esterni: due lunghe inquadrature della città verso il Palazzo. Con in passanti, la vita normale, indifferente a quando accade all'interno. Poi due lunghe carrellate, convulse, che seguono i prigionieri mentre sono condotti agli interrogatori attraverso gli interminabili, claustrofobici corridori verso un kafkiano inquisitore. Itinerario ineluttabile, quasi obbligato che conduce quest'umanità diversa (spesso già nel colore della pelle, nella fatica del parlare una lingua straniera, o semplicemente nella propria incultura) a dover affrontare la Parola del giudice: allenata, spesso anche attenta e sollecita, che l'autore ha l'acuità di non accusare nel funzionario ma nel sistema. Camera immobile, attenta, che assiste alla piccola contabilità di questa nostra Europa disastrata. Alla litania (il più delle volte tragicomica) di una miseria materiale che non può che farsi spirituale."